Onorevoli Colleghi! - È dai primi anni novanta che si continua a parlare di una riforma degli Ordini professionali italiani senza che sia stato mai raggiunto un accordo politico che abbia portato a concludere i numerosi tentativi che nel tempo sono stati avviati. Un po' perché c'è sempre qualcuno che cerca di «portare l'acqua al suo mulino», un po' perché la politica non ha mai avuto un'idea ben precisa sul ruolo da dare alle professioni, rimanendo invischiata tra esigenze e motivazioni diverse.
      Del resto ogni riforma, andando a incidere su un assetto di interessi già collaudato e precostituito, non è mai accettata dalla comunità con unanime consenso. Essa desta perplessità e malumori, anche quando l'esigenza di rinnovamento è sentita come improrogabile, tanto che si potrebbe dire che una buona riforma è quella che lascia sempre tutti un po' scontenti.
      Dopo il vano e incauto tentativo avviato nel corso della XIII legislatura di approvare la riforma con decreto ministeriale e il complesso lavoro di armonizzazione condotto nella scorsa legislatura, sviluppato all'insegna della più ampia concertazione con le numerose categorie professionali (che rappresentano gli interessi di 800 mila professionisti con oltre 3 milioni e mezzo di collaboratori), è evidente che i tempi sono maturi affinché il Parlamento

 

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approvi questa riforma prima che interventi sporadici, sull'onda di un «europeismo» strumentale e «alla buona», intacchino un settore, come quello delle professioni, che è portatore di valori e di servizi essenziali per la comunità.
      In ogni caso, la doverosa osservanza del diritto comunitario e degli impegni assunti in Europa non può prescindere da un'attenta valutazione della lunga storia degli Ordini professionali nel nostro Paese e dei contributi che questi hanno dato nel tempo allo sviluppo e all'ammodernamento della società.
      È indubbio che il libero mercato e la partecipazione all'Unione europea hanno creato delle discrasie delle quali il nostro ordinamento non ha tenuto conto. Ammodernare, però, non significa eliminare. L'assenza di regole ha sempre portato disordine e incertezza laddove i consumatori hanno bisogno (e spesso inconsciamente chiedono) di qualità delle prestazioni, nonché di reale fruibilità e accessibilità al servizio.
      Non bisogna nemmeno dimenticare che anche in Europa non è pacifica la strada da percorrere: mentre la Commissione chiede l'abolizione degli Ordini (pur con qualche apertura), il 23 marzo scorso il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale ha sancito la necessaria organizzazione delle professioni legali in sistemi autoregolamentati, come quelli oggi governati dagli Ordini professionali.
      La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, al considerando (43), ultima parte, dispone che l'esercizio della professione negli Stati membri può essere oggetto di specifici limiti legali sulla base della legislazione nazionale e delle disposizioni di legge stabilite autonomamente dai rispettivi organismi professionali, salvaguardando e sviluppando la loro professionalità, la qualità del servizio e la riservatezza dei rapporti con i clienti.
      L'Alta Corte di Lussemburgo, da parte sua, nella sentenza Wouters del 18 febbraio 2002, nella causa C-309/99 relativa alla legge nazionale olandese, ha sancito che gli articoli 2 e 59 del Trattato istitutivo della Comunità europea (divenuti, in seguito a modifica, articoli 43 e 49) non ostano a una normativa nazionale che vieta qualsiasi rapporto di collaborazione integrata tra gli avvocati e altri professionisti, in quanto tale normativa può essere ragionevolmente considerata necessaria al buon esercizio della professione di avvocato, così come organizzata nel Paese interessato.
      Infine, nella sentenza Arduino del 19 febbraio 2002, nella causa C-35/99, la Corte ebbe a stabilire che gli articoli 5 e 85 del Trattato istitutivo della Comunità europea (divenuti articoli 10 e 81) non ostano all'adozione da parte di uno Stato membro di una misura legislativa o regolamentare che approvi, sulla base di un progetto stabilito da un Ordine professionale, una tariffa che fissa dei minimi e dei massimi per gli onorari dei membri dell'Ordine, qualora tale misura statale sia adottata nell'ambito di un procedimento approvato dal Ministero vigilante.
      Da ultimo, l'Italia deve fare i conti anche con un assetto dei rapporti costituzionali che è drasticamente mutato con l'approvazione del titolo V della parte seconda della Costituzione. Le professioni rientrano, infatti, nella legislazione concorrente tra Stato e regioni. In quest'ottica, è essenziale che lo Stato delimiti i princìpi fondamentali sulle professioni prima che le regioni comincino a legiferare in maniera differenziata e non omogenea tra loro, provocando seri problemi nei rapporti con l'Europa. Non va dimenticato che l'Unione europea costituisce un'Unione di Stati e che lo Stato nel suo complesso, nella qualità di interlocutore primario della Comunità e dei partner europei, rappresenta il soggetto responsabile dell'adempimento degli obblighi comunitari.
      In definitiva, è evidente che un sistema molto complesso e articolato, come quello delle professioni intellettuali, deve essere riformato in un'ottica di ampia concertazione,
 

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seguendo le normali procedure parlamentari.
      Fatte queste considerazioni, la presente proposta di legge stabilisce i princìpi fondamentali della legislazione statale sulle professioni liberali, da una parte, riconoscendo il ruolo essenziale degli Ordini per la regolamentazione, l'organizzazione e il controllo delle varie professioni, e, dall'altra, assicurando maggiore certezza e qualità della prestazione professionale, a tutto beneficio dei clienti.
      L'articolo 1, dopo un richiamo al rispetto della normativa comunitaria e alla ripartizione legislativa tra Stato e regioni sancita dalla nostra Costituzione in materia di professioni, fornisce una definizione di «professione intellettuale» come l'attività economica anche organizzata, diretta al compimento di atti e alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata in via prevalente con lavoro intellettuale per il quale è richiesto un titolo universitario o a questo equiparato.
      Caratteristica principale delle prestazioni professionali rispetto agli altri servizi è, infatti, quella di «implicare sempre la soluzione di un problema sulla base di un sapere, rivelando un contenuto creativo o inventivo».
      L'articolo 2 enuncia le finalità della legge, proclamando il libero esercizio della professione intellettuale in qualunque modo e forma esercitata, garantendo il corretto esercizio della professione, la qualità delle prestazioni, l'indipendenza e l'autonomia di giudizio del professionista nel rispetto del principio di libertà e sviluppo della dignità umana, come stabilito dalla Costituzione. Individua i criteri a tutela del consumatore garantendo la libera concorrenza professionale, il pluralismo e i meccanismi con cui il professionista si rende responsabile dei danni subiti da terzi nell'adempimento delle prestazioni.
      L'articolo 3 disciplina le modalità di accesso alle professioni intellettuali, che deve essere libero e senza vincoli di predeterminazione numerica, salvo per le professioni esercenti una pubblica funzione. La disciplina dell'esame di Stato per l'abilitazione professionale deve rispettare i criteri di uniforme valutazione dei candidati su tutto il territorio nazionale. A garanzia della imparzialità delle commissioni giudicatrici è stata introdotta la quota massima del 50 per cento per i commissari designati dagli Ordini.
      L'articolo 4 specifica le caratteristiche del tirocinio, introducendo forme di flessibilità dell'attività formativa per il tirocinante anche contemporaneamente agli studi necessari per il conseguimento del titolo professionale, e prevede la possibilità di svolgimento di parte del tirocinio all'estero presso professionisti iscritti ad associazioni riconosciute dai rispettivi Consigli nazionali. È, altresì, previsto il diritto del tirocinante a percepire un equo compenso rapportato all'effettivo apporto delle mansioni svolte. A garanzia di un celere avviamento al mercato del lavoro è stata stabilita in un massimo di tre anni la durata del tirocinio.
      Il titolo II della proposta di legge si occupa delle disciplina delle professioni regolamentate.
      Ogni professionista deve essere iscritto all'albo corrispondente alla propria professione. La vigilanza, la verifica periodica e la certificazione della qualificazione professionale degli iscritti agli albi sono affidate agli Ordini professionali. Ciascun Ordine è costituito da un Consiglio nazionale e dai consigli locali. Gli Ordini sono definiti come enti pubblici non economici con autonomia finanziaria. Essi determinano con appositi regolamenti la propria organizzazione interna e l'organizzazione professionale, tra cui anche l'aggiornamento professionale, e le caratteristiche delle singole prestazioni professionali; redigono il codice deontologico a cui devono attenersi tutti gli iscritti. Gli articoli 6 e 7 specificano i compiti dei Consigli nazionali e dei consigli locali.
      L'articolo 8 prevede l'obbligo, per l'esercizio dell'attività professionale, della stipula di un'assicurazione per la responsabilità civile conseguente ai danni causati nell'esercizio dell'attività professionale, le cui modalità sono stabilite da ciascun
 

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Consiglio nazionale e approvate dal Ministero vigilante.
      L'articolo 9 si occupa dei meccanismi elettorali per la nomina degli organi degli Ordini professionali e delle commissioni disciplinari, prevedendo che debbano essere assicurate la trasparenza delle procedure, la tutela delle minoranze e la disciplina in materia di ineleggibilità e di incompatibilità.
      L'articolo 10 attribuisce la funzione disciplinare ai consigli locali. Le norme in materia di composizione e durata delle commissioni nonché il procedimento disciplinare sono stabiliti dai regolamenti di attuazione della legge.
      L'articolo 11 dispone l'obbligo per ciascun Ordine professionale di adottare, previa consultazione dei consigli locali, un codice deontologico. Il codice deve essere approvato dal Ministero vigilante.
      L'articolo 12 stabilisce il principio del libero accordo tra le parti per il regime delle singole prestazioni tariffarie. In caso di mancata determinazione si fa riferimento alle tariffe stabilite dai singoli Ordini professionali. Possono, inoltre, essere previste a tutela del cliente e per prestazioni che incidono su interessi generali a rilevanza pubblica e per prestazioni inerenti ad una pubblica funzione, tariffe minime e massime inderogabili, in conformità con la normativa comunitaria. Il professionista ha l'obbligo di rendere note, all'atto del conferimento dell'incarico, le informazioni circa gli oneri, la complessità della prestazione e i possibili risultati ipotizzabili.
      L'articolo 13 stabilisce che i regolamenti adottati dai Consigli nazionali per la loro organizzazione interna sono soggetti a impugnativa davanti agli organi di giustizia amministrativa da parte del Ministro vigilante, dei consigli locali dell'Ordine e dei rispettivi presidenti.
      L'articolo 14 introduce un tipo di pubblicità informativa sull'attività professionale, sulle caratteristiche delle prestazioni offerte e sui criteri di determinazione.
      L'articolo 15 conferisce ai Consigli nazionali poteri sostitutivi e di controllo sui consigli locali dell'Ordine. Il Ministero vigilante ha, invece, poteri di controllo sull'attività dei Consigli nazionali. In caso di gravi e ripetute violazioni di legge, il Ministero vigilante può proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento dei Consigli nazionali, che delibera previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
      L'articolo 16, in materia di sistemi disciplinari, dispone che i collegi disciplinari devono assicurare un'adeguata rappresentatività, imparzialità e indipendenza. I provvedimenti adottati dai consigli disciplinari possono essere impugnati dai Consigli nazionali ed è previsto ricorso in Cassazione avverso i provvedimenti dei Consigli nazionali per violazione di legge.
      L'articolo 17 dispone l'obbligo di aggiornamento professionale per tutti gli iscritti agli albi. Gli Ordini professionali possono adempiere a tale obbligo anche costituendo apposite strutture o stipulando convenzioni con amministrazioni pubbliche ed enti privati.
      Il titolo III disciplina l'attività delle associazioni delle professioni non regolamentate.
      L'articolo 18 prevede che il riconoscimento delle associazioni avvenga mediante l'iscrizione in un registro istituito presso il Ministero della giustizia. L'iscrizione non attribuisce alcun diritto di esclusiva all'esercizio dell'attività professionale. Il riconoscimento può essere revocato per violazioni di legge e per mancato rispetto delle norme dello statuto sociale dell'associazione.
      L'articolo 19 conferisce alle associazioni la possibilità di rilasciare attestati di competenza riguardanti la qualificazione professionale, tecnico-scientifica e deontologica del professionista iscritto all'associazione. Ai fini del rilascio dell'attestato il professionista deve essere in possesso di adeguata polizza assicurativa.
      Il titolo IV dispone circa le società tra professionisti distinguendo tra: società costituite tra professionisti esercenti la medesima professione e società costituite tra professionisti iscritti ad Ordini professionali differenti.
 

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      L'articolo 20 specifica che professionisti di categorie regolamentate, anche appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, possono costituire società dotate di personalità giuridica che hanno per oggetto l'esercizio in comune della professione. Le società devono essere iscritte all'albo professionale.
      L'articolo 21 disciplina le modalità per il conferimento dell'incarico professionale che può essere conferito direttamente al singolo socio o alla società. Il cliente ha facoltà di richiedere che la prestazione sia eseguita da uno o più soci determinati. Il professionista è personalmente e illimitatamente responsabile dell'attività da lui svolta. Per i danni subiti dal terzo in conseguenza dell'espletamento degli incarichi professionali la società risponde solidalmente.
      L'articolo 22 dispone la responsabilità disciplinare della società.
      L'articolo 23 specifica che l'Ordine professionale esercita poteri di controllo e di vigilanza sulla società e sui suoi soci.
      L'articolo 24 disciplina, invece, la società costituita da professionisti iscritti ad albi di professioni differenti, denominandola «società multiprofessionale».
      L'articolo 25 ammette la costituzione in via del tutto eccezionale di società con la partecipazione di soci non professionisti, individuate dai regolamenti di cui all'articolo 39. La partecipazione dei soci non professionisti non può, comunque, essere superiore al 25 per cento dei componenti della società.
      L'articolo 26 stabilisce limiti alla partecipazione societaria, consentendo al professionista la partecipazione a una sola società; prevede, inoltre, l'incompatibilità tra l'esercizio individuale della professione e quello societario. Di conseguenza, gli incarichi professionali ancora pendenti alla costituzione della società vengono trasferiti alla società stessa, previa comunicazione al cliente.
      L'articolo 27 stabilisce le forme e le condizioni per la costituzione delle società che deve avvenire, a pena di nullità, per atto pubblico.
      L'articolo 28 determina in dieci soci il numero massimo di soci previsti in una società.
      L'articolo 29 prevede che nella denominazione sociale siano presenti i nomi di tutti i soci ovvero di almeno due di essi, con l'indicazione «e altri», se presenti, e con la specificazione delle attività svolte. È altresì consentito di conservare il nome di un socio non più associato quando abbia cessato lo svolgimento della sua professione e vi sia comunque il suo consenso.
      L'articolo 30 specifica che nell'atto costitutivo della società possono essere previsti conferimenti da parte dei soci sia in denaro sia in natura. Una quota non superiore al 50 per cento può essere attribuita ai soci in ragione dei conferimenti effettuati.
      L'articolo 31 prevede che la durata della società deve essere stabilita nell'atto costitutivo. Il recesso dalla società è sempre consentito per giusta causa; diversamente deve essere dato un preavviso di almeno un anno.
      L'articolo 32 specifica che l'oggetto della società deve essere esclusivamente lo svolgimento in comune della professione dei propri soci. La società può rendersi acquirente di beni e di diritti di qualsiasi tipo diretti al compimento dell'attività svolta dalla stessa.
      L'articolo 33 si occupa delle modifiche allo statuto, stabilendo che possono essere adottate con il consenso di tutti i soci. Le cessioni delle partecipazioni sono consentite soltanto tra i professionisti già associati. In caso di decesso, agli altri soci è riconosciuto il diritto di riscatto.
      Gli articoli 34, 35 e 36 dettano le norme per il funzionamento della società. L'articolo 34 stabilisce che sono organi della società l'assemblea dei soci e l'organo di amministrazione; stabilisce, inoltre, i criteri per la nomina e la revoca degli amministratori, le modalità di esercizio del diritto di voto e prevede la responsabilità in solido degli stessi per gli atti compiuti in nome della società.
      L'articolo 35 prescrive che l'esclusione del socio deve essere deliberata da almeno
 

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due terzi dell'assemblea. Avviene comunque di diritto in caso di radiazione o di cancellazione dall'albo professionale. Anche la sospensione dall'albo è considerata giusta causa per l'esclusione.
      L'articolo 36 prevede i casi di scioglimento della società, stabiliti dai regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39.
      Gli articoli 37 e 38 stabiliscono le norme finali: l'articolo 37 prevede il rinvio alle norme già vigenti, mentre l'articolo 38 si occupa delle norme in materia previdenziale e fiscale applicabili ai professionisti per l'attività svolta dalla società.
      L'articolo 39 prevede l'emanazione dei regolamenti di attuazione della legge da parte del Governo. Gli schemi di regolamento predisposti dal Governo devono essere trasmessi, sentiti gli Ordini professionali, per il parere alle Commissioni parlamentari competenti. È, inoltre, obbligatoria l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato.
      L'articolo 40, infine, prevede che il Governo è delegato ad adottare testi unici per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di professioni regolamentate.
 

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